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‘Ndrangheta: news estive/Italia ed estero

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'Ndrangheta, maxisequestro a Roma
Blitz da 20 mln di euro contro clan Gallico. Sigilli anche a uno strorico caffè del centro
 
09:05 – Maxi sequestro degli agenti della Direzione investigativa antimafia tra Roma, Ardea e Formello ai danni della 'ndrina dei Gallico di Palmi (Reggio Calabria). Nel mirino degli agenti sono finiti immobili, società, attività commerciali per circa 20 milioni di euro. Nel blitz sono state sequestrate 18 società, tra cui anche "L'antico caffè Chigi", nell'omonima piazza.
Tra le società sequestrate nell'ambito dell'operazione, anche la holding del gruppo " Adonis" con varie sedi a Roma tra i Parioli e il quartiere Coppede', che a fronte di modesti redditi dichiarati aveva effettuato, in base a quanto accertato dalle indagini, operazioni per molti milioni di euro. Sequestrati anche un megayacht, una villa alla periferia di Roma, a Formello di 29 stanze, un salone di bellezza e 90 rapporti bancari.

L'ingente sequestro è stato disposto dal Tribunale della Capitale su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia di Roma. Alla base del provvedimento di sequestro, gli accertamenti – disposti dalla Procura Distrettuale Antimafia ed eseguiti dalla D.I.A. – che hanno focalizzato sia i sofisticati sistemi finanziari mediante i quali veniva gestito l'ingente patrimonio, sia la sperequazione tra le entrate lecite e la disponibilità dei beni stessi.

In particolare, uno dei due personaggi colpito dal provvedimento ablativo, che non svolgeva alcuna attività lavorativa, anni addietro, mentre era in compagnia di Gallico Alfonso, capo dell'omonima 'ndrina, era rimasto vittima di un agguato mafioso nel corso del quale il Gallico stesso era stato ucciso.
5 luglio 2011
http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo1014585.shtml

 
 

Busto Arsizio: A Processo l'inchiesta «Bad Boys». Minacce ad alcuni studenti in aula

Una sentenza lo certifica: «Attorno
a Malpensa agiva la 'ndrangheta»

Tentato omicidio, estorsione, rapina: prime condanne contro la cosca dei Farao Marincola, del crotonese

BUSTO ARSIZIO (Varese) - Da ieri c'è una sentenza di primo grado che non ammette equivoci: intorno a Malpensa, negli anni scorsi, agiva una cosca di stampo mafioso che, minacciando imprenditori ha cercato di conquistare il territorio di una ricca provincia lombarda, alla vigilia dell'Expo. A Lonate Pozzolo, in particolare, si era installata una 'ndrina, ovvero una filiale al nord di una cosca del crotonese, i Farao Marincola, originari di Cirò Marina; strutturati con colonnelli residenti proprio nel paese, e guidati da un referente a Legnano, Vincenzo Rispoli, a sua volta uomo di fiducia dei calabresi.

Il collegio del tribunale di Busto Arsizio, presieduto da Adet Toni Novik, ha condannato 13 imputati e ne ha assolti 3, coinvolti nell'inchiesta Bad Boys. A tutti era contestata l'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati che vanno dal tentato omicidio, all'estorsione, usura e rapine per finanziare il gruppo. Ma l'importanza della sentenza è data anche dal fatto che per sette imputati, i più attivi e pericolosi, il tribunale ha inoltre riconosciuto il 416 bis, ovvero l'associazione di stampo mafioso. I giudici hanno comminato condanne complessive a 86 anni di carcere, pene singole che vanno dai 2 anni agli 11 anni (c'era però il rito abbreviato), e confische per 125mila euro.
L'inchiesta, condotta dal pm Mario Venditti della Dda di Milano (in aula c'era il sostituto Giovanni Narbone), ha scoperchiato un sistema di terrore che nessuno osava denunciare. Sono pochissime infatti le dichiarazioni raccolte durante l'indagine. È anche per questo che in paese, a Lonate Pozzolo, dopo la paura si sta facendo strada la necessità di parlare di quanto successo: il consiglio comunale ha creato un apposito consiglio della legalità. Dopo la sentenza un parente degli imputati ha insultato e minacciato i ragazzi dell'associazione «Ammazzateci tutti» presenti in aula.
Roberto Rotondo
05 luglio 2011 12:35
http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/11_luglio_5/condanne-ndragheta-malpensa-1901021457457.shtml
 

 

Blitz in Italia,Usa,Spagna,Olanda

'Ndrangheta, maxioperazione internazionale: oltre quaranta arresti

Le 'ndrine calabresi facevano «affari» con il cartello del Golfo Messicano e con i cartelli colombiani

MILANO – Sono una quarantina gli arresti in un operazione dei carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria, che su disposizione della Procura Distrettuale Antimafia hanno notificato i provvedimenti restrittivi a soggetti ritenuti attigue alle cosche della 'ndrangheta calabrese. Tra le accuse anche quella di traffico internazionale di sostanze stupefacenti. In pratica le 'ndrine calabresi facevano «affari» con il cartello del Golfo Messicano e con i cartelli colombiani, e controllavano il traffico di stupefacenti tra gli Usa e l'Europa. I militari del comando provinciale di Reggio Calabria diretti dal colonnello Pasquale Angelosanto hanno individuato i referenti delle 'ndrine calabresi in diversi paesi esteri arrestandoli con un mandato di cattura internazionale ai fini dell'estradizione con la collaborazione delle polizie statunitensi, spagnole e olandesi.
L'ACCUSA – L'accusa, per tutti gli arrestati, è di associazione di stampo mafioso finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. L'operazione, denominata «Crimine 3»,è la naturale prosecuzione dell'attività Crimine,che il 13 luglio dello scorso, portò all'esecuzione di 304 provvedimenti cautelari in coordinazione tra le Dda di Reggio Calabria e di Milano, che ha permesso di delineare l'esistenza della organizzazione 'ndrangheta avente base strategica nella provincia di Reggio Calabria, con attive ramificazioni sia nel nord Italia, in particolare in Lombardia, sia all'estero , dove la 'ndrangheta, ha replicato il modello organizzativo calabrese con articolazioni che risultano dipendenti dai vertici decisionali presenti nel territorio reggino. Inoltre, si tratta di reato transnazionale in quanto commesso in Italia, in Australia, Canada, Germania e Svizzera, da gruppo criminale organizzato impegnato in attività delittuose in più di uno Stato. Ma è anche la prosecuzione dell'operazione Crimine 2 che lo scorso 8 marzo portò alla cattura di altri 41 soggetti che comprendevano i «locali» di ndrangheta di tutto il mondo. Con questa operazione spiegano dal comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria «si è delineato l'assetto strategico delle 'ndrine calabresi che gestiscono il narcotraffico in tutto il mondo con diverse strutture. Tra le figure più importanti arrestati giovedì, c'è anche Domenico Oppedisano «capo Crimine» e capo indiscusso della »provincia« organo supremo di controllo delle 'ndrine di tutto il mondo già arrestato lo scorso anno ed attualmente detenuto in un carcere siciliano.
COCAINA – Le indagini hanno portato al sequestro di centinaia di chili di cocaina destinata alle cosche calabresi per essere commercializzata nel territorio nazionale ed all'estero. Gli arresti dei carabinieri hanno interessato la Calabria, la Sicilia, il Lazio e la Lombardia; 5 trafficanti localizzati in Spagna ed Olanda sono stati raggiunti da un mandato di arresto europeo. È stata inoltre richiesta l'estradizione di 3 soggetti, già localizzati in Colombia, Venezuela e Stati Uniti.
Redazione online
14 luglio 2011 15:30
http://www.corriere.it/cronache/11_luglio_14/ndrangheta-40arresti_b3a8c43c-ade0-11e0-9787-0699da0a075e.shtml
 

 
’Ndrangheta e coca, un arresto a Rubiera
Sequestrati due chili di «polvere bianca», in manette anche una seconda persona bloccata dai Ros per spaccio

di Tiziano Soresina, RUBIERA
La clamorosa maxi operazione «Crimine 3» contro la ’ndrangheta ed il narcotraffico internazionale – che ha portato ieri a 40 arresti fra Italia, Stati Uniti, Spagna e Olanda – si è a sorpresa ramificata anche nella nostra provincia e specificatamente a Rubiera, in un’insospettabile abitazione.
I carabinieri del Ros hanno eseguito – a Rubiera – l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del calabrese 39enne Carlo Luciano Macrì, ma nella perquisizione non sono mancate le sorprese, perché sono stati trovati due chili di cocaina ed è finito nei guai (per spaccio di stupefacenti, ma non legato all’operazione antimafia «Crimine 3») un altra persona originaria della Calabria. Ora s’indaga nel Reggiano per capire a chi fosse destinata tutta quella «polvere bianca».
L’operazione «Crimine 3», svolta dai carabinieri in collaborazione con la Dea statunitense e la Direzione centrale servizi antidroga, ha delineato compiutamente la struttura del cartello calabrese implicato nel narcotraffico, costituito da un consorzio tra le cosche reggine Jerinò di Gioiosa Jonica, Aquino di Marina di Gioiosa Jonica, Bruzzese di Grotteria, Pesce di Rosarno e Commiso di Siderno. Con il consorzio di cosche erano collegati anche esponenti di Cosa Nostra siciliana, ed in particolare alla famiglia di Carini (Palermo), alcuni dei quali recentemente rientrati in Italia dopo un lungo esilio negli Stati Uniti, determinato dalla guerra di mafia degli anni '70 – '80.
Proprio negli Stati Uniti, secondo quando emerge dalle indagini, si erano peraltro coagulati gli interessi delle componenti siciliane e calabresi, rappresentati oltreoceano dall'indagato Vincenzo Roccisano, broker degli Jerinò, degli Aquino e dei Commisso.
Cinque trafficanti sono stati localizzati in Spagna ed Olanda, dove gli è stato notificato un mandato di arresto europeo. E' stato inoltre richiesto l'arresto a fini estradizionali di altre tre persone, già localizzate in Colombia, Venezuela e Stati Uniti.
L'operazione completa una vasta indagine del Ros e del comando provinciale di ReggioCalabria contro la 'ndrangheta ed il narcotraffico internazionale, gia' concretizzatasi in due interventi del settembre 2008 e del luglio 2010. La prima fase, avviata nel febbraio 2008 (Operazione Solare), in collaborazione con la Dea, in direzione di una struttura transnazionale dedita al traffico di cocaina, metamfetamine e cannabis tra il Sud America, il Nord America e l'Europa, aveva documentato le proiezioni statunitensi della cosca Aquino-Coluccio che, attraverso una componente radicata a New York (Usa), si riforniva di narcotico dal Cartello del Golfo e dalle squadre di mercenari paramilitari dette Los Zetas, egemoni in Messico.

15 luglio 2011http://gazzettadireggio.gelocal.it/cronaca/2011/07/15/news/ndrangheta-e-coca-un-arresto-a-rubiera-1.728596
 

 

Café de Paris, ascesa e declino
dalla dolce vita alla 'ndrangheta

Aprì i battenti nel 1956 e diventò presto il ritrovo più frequentato di via Veneto: da Fellini (a cui è intitolata una sala) a Sinatra, a Modugno. Poi le infiltrazioni delle cosche mafiose, i sequestri ordinati da Ros e magistratura, ma perfino dalla Asl, che nel 1992 lo chiuse per la sporcizia nei bagni e cucine

Famoso e maledetto. Il Café de Paris di via Veneto a Roma, il caffè della Dolce Vita, che tra i suoi tavolini ha ospitato Federico Fellini, Frank Sinatra e Domenico Modugno, fu fondato nel 1956 da Vittorio Tombolini, detto Victor, e da allora è passato dalla ribalta a investimento per cosche mafiose.

Era il novembre del 2008 quando uscì la notizia che la Dda di Reggio Calabria stava conducendo un'inchiesta sull'acquisto, da parte della 'ndrangheta, dello storico Café de Paris. Un'inchiesta che portò il 22 luglio del 2009 al sequestro del locale da parte dei carabinieri del Ros e dalla Guardia di finanza perchè risultato nella disponibilità della cosca Alvaro della 'ndrangheta.

Proprietario del noto locale risultava essere Damiano Villari, un insospettabile barbiere di Santo Stefano di Aspromonte, piccolo centro in provincia di Reggio Calabria.

Secondo gli inquirenti il gestore sarebbe stato collegato a Vincenzo Alvaro, 45 anni, nativo di Cosoleto (Reggio Calabria) e ritenuto l'attuale reggente dell'omonimo clan mafioso che domina la zona del preaspromontano della provincia di Reggio. Entrambi furono arrestati. Villari inoltre fu condannato anche con l'accusa di violenza sessuale aggravata nei confronti della cassiera.

Negli anni della Dolce vita, con via Veneto gremita di star del cinema e intellettuali, era solito segnalare ai paparazzi la presenza in giro dei vip. Tra questi, per esempio, Federico Fellini, al quale è intitolata una sala del locale. Tra gli avventori anche un 'focoso' Frank Sinatra. Nel 1965 'The voice' fu protagonista di una celebre rissa tra i suoi 'gorilla' e alcuni fotografi italiani, terminata con una stretta di mano ai paparazzi e il grido 'Go home!' di Domenico Modugno rivolto alle guardie del corpo di Sinatra.

E soprattutto il Café de Paris, il "caffè della dolce vita", fu teatro anche di un attentato. La notte del 16 settembre 1985, infatti, due bombe a mano lanciate tra i tavolini del bar pieni di turisti stranieri causarono il ferimento di 38 persone. Per l'attentato, rivendicato dall' Organizzazione rivoluzionaria dei musulmani socialisti, fu condannato nel 1988 il palestinese Ahmad Hassen Abu Alì Sereya.

Sfortunato, dunque, uno dei locali più famosi di Roma: nel 1982 i due amministratori dell'epoca furono denunciati per frode in commercio: il bar includeva nel menù specialità di pesce, senza indicare che si trattava di pesce surgelato. Dieci anni dopo, nel 1992, il Café de Paris fu addirittura chiuso per motivi igienici. Un'ispezione della asl Rm1 aveva infatti riscontrato carenze igienico-sanitarie nella conservazione degli alimenti e sporcizia nei bagni e nelle cucine.
 
(25 luglio 2011)
http://roma.repubblica.it/cronaca/2011/07/25/news/caf_de_paris_dalla_dolce_vita_alla_ndrangheta-19610400/
 
 

Ancora la 'ndrangheta made in Bo
traffico di cocaina con la Colombia

In città era attesa una tonnellata e mezza di droga, 15 gli arresti. La "neve" doveva essere portata a bordo di un aereo-ambulanza partito dallo scalo di Quito

di ALESSANDRO CORI
Convinti di stare al sicuro, chiusi nella taverna di una lussuosa e pacchiana villa a San Marino di Bentivoglio, Francesco Ventrici e i suoi uomini, tutti legati alla cosca calabrese dei Mancuso, ma da anni a Bologna, si stavano organizzando per far arrivare sul mercato italiano 1500 chili di cocaina purissima. Droga dal Sudamerica, acquistata dai narcos colombiani che doveva essere trasportata dall'Ecuador alla Slovenia con un aereo-ambulanza. Ma un'indagine lunga e complicata della Squadra Mobile dopo un anno di pedinamenti e intercettazioni ieri mattina ha stroncato il traffico di droga ancor prima che un solo grammo di "neve" giungesse in Italia.

Al termine delle indagini – l'operazione è stata ribattezzata "Due torri connection" – partite nel luglio 2010 e coordinate dal procuratore capo Roberto Alfonso e dal pm della Dda bolognese Enrico Cieri, il giudice ha emesso 18 ordinanze di custodia cautelare in carcere per traffico internazionale di stupefacenti.

Quindici persone sono state arrestate (9 in Italia, quattro in Spagna e una in Austria) e tra queste il personaggio chiave è proprio Francesco Ventrici, elemento di spicco della famiglia vibonese dei Mancuso, già in carcere da fine gennaio in seguito ad una maxi operazione contro la 'ndrangheta. Secondo gli investigatori era lui a gestire le trattative con i narcos colombiani per portare in Italia: un "tesoro" da 50 milioni di euro all'ingrosso. Ventrici poteva contare su 7-8 uomini di fiducia a Bologna e organizzava frequenti summit coi colombiani
e i mediatori calabresi ad Alicante (in Spagna), che si tenevano nella villa di Bentivoglio, intestata a un prestanome e già sequestrata dalla polizia ad aprile. Una base che il gruppo credeva al sicuro da intercettazioni. Non è stato così.

La droga doveva arrivare tra il 17 e il 20 dicembre 2010 su un aereo-ambulanza guidato da un pilota tedesco, Michael Kramer (arrestato ieri in Austria), con un volo dall'aeroporto militare di Quito (in Ecuador) fino a Lubiana (Slovenia). Poi da qui il trasporto sarebbe proseguito via terra fino a una villa-deposito nel teramano. Gli inquirenti avevano già allertato anche l'aeronautica militare per intercettare il velivolo, che però non è mai partito dal Sudamerica. Due i motivi: il mancato accordo sul prezzo della droga coi colombiani e i timori di Kramer, che si rifiutò di portare personalmente l'aereo in Ecuador, spingendo addirittura i calabresi a sospettare che il pilota fosse un agente sotto copertura.

Ventrici, intercettato dalla polizia quando il piano è ormai saltato, confessa ai suoi uomini di aver speso già 2,5 milioni di euro per organizzare il traffico: tra spostamenti, più di 100 mila euro di anticipo al pilota e "mazzette" pagate qua e là. L'intoppo provocò tensione nel gruppo e tre calabresi, spediti a Quito per dirigere le operazioni logistiche, vennero addirittura trattenuti in ostaggio dai colombiani.

Ventrici non prese bene il voltafaccia del pilota, ma poi a fine dicembre dello scorso anno la trattativa riprese con l'ipotesi di suddividere il carico facendo tre spedizioni aeree, oppure utilizzando delle navi. A gennaio però il piano criminale subì un'altra frenata, dovuta prima all'arresto di Ventrici e poi all'omicidio del suo braccio destro, Vincenzo Barbieri, ucciso a marzo in Calabria. Secondo l'accusa, tuttavia, Ventrici non aveva abbandonato il progetto e avrebbe continuato a impartire direttive anche dal carcere ai suoi collaboratori, fino agli arresti di ieri mattina.
(04 agosto 2011)
http://bologna.repubblica.it/cronaca/2011/08/04/news/ancora_la_ndrangheta_made_in_bo_traffico_di_cocaina_con_la_colombia-19999763/
 

 
02-08-2011 'NDRANGHETA: MAXI OPERAZIONE ANTIRICICLAGGIO, 20 ARRESTI IN TUTTA ITALIA
(ASCA) – Reggio Calabria, 2 ago – La Guardia di Finanza di Locri (RC), sotto la direzione della DDA di Reggio Calabria, ha bloccato una colossale operazione di riciclaggio di denaro, messa in piedi attraverso l'intermediazione di esponenti di spicco della 'Ndrangheta e di Cosa Nostra. Alle investigazioni in Sicilia ha collaborato il Nucleo Speciale Polizia Valutaria della Guardia di Finanza.

Venti persone sono state arrestati in tutta Italia con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio, alla truffa e alla falsificazione di titoli di credito.

In particolare, spiegano gli investigatori, ''l'attivita', il cui primo riscontro e' stato il sequestro, nei pressi di Rosarno (RC) il 29 settembre del 2009, di un Certificato di deposito (in oro) del valore nominale di 870 milioni di dollari, nei confronti di due persone originarie di Taurianova, vicini alla cosca egemone Fazzalari-Viola-Avignone, emesso nel 1961 dall'allora Credito Svizzero a nome del noto dittatore Indonesiano Mr. Soekarno (il cui vero nome era Kusno Sosrodihardjo), ha richiesto l'esecuzione di meticolose indagini finanziarie e tecniche, appostamenti e rilievi fotografici degli incontri avvenuti in varie parti del territorio nazionale''.

L'operazione, convenzionalmente denominata 'Artu'', che nella sua prima fase ha visto la collaborazione della Procura reggina con quella di Palmi, aggiungono gli investigatori, ''infligge un durissimo colpo ai suoi organizzatori ed esecutori, privandoli, tra l'altro, della possibilita' di realizzare un affare estremamente redditizio del valore di centinaia di milioni di euro, basti pensare che e' stata rifiutata un'offerta pari al 45% del valore del titolo''.

Il provvedimento cautelare oggi in esecuzione, basato anche su rogatorie internazionali, e' stato emesso dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria, Silvana Grasso, al termine di una complessa ed articolata richiesta del Procuratore Distrettuale Antimafia, Giuseppe Pignatone e del Procuratore Aggiunto, Nicola Gratteri, che hanno ''pienamente condiviso'' gli approfondimenti investigativi sviluppati dal P.M., Sara Ombra.

La base dell'organizzazione e' nella provincia di Reggio Calabria, precisamente nella piana di Gioia Tauro. Da qui sono partiti i soggetti che hanno cercato di monetizzare il titolo di credito rivolgendosi a insospettabili professionisti e cercando di coinvolgere contemporaneamente primari istituti di credito nazionali ed esteri (ci si riferisce a MPS, Banco di Sicilia, Unicredit, ING Direct e lo IOR). Per giustificare la legittima origine del certificato di deposito si era addirittura ricorsi al falso espediente di documentarne la provenienza attraverso un Monsignore deceduto che avrebbe ottenuto il titolo dal dittatore indonesiano come ricompensa per avergli salvato la vita durante una rivolta avvenuta in Indonesia a meta' degli anni '60 del secolo scorso. Per rendere credibile la versione e la falsa documentazione prodotta alcuni componenti del sodalizio si erano addirittura recati sulla tomba del religioso, realmente esistito, sita in Rombiolo (VV), per estrapolarne le date di nascita e di morte.

I provvedimenti emessi riguardano 20 soggetti dislocati nelle province di Trapani (2), Reggio Emilia (2), Modena (2), Catanzaro, Palermo, Bologna (2), Verona, Cosenza e Reggio Calabria (8).

com-dab/sam/alf
(Asca)
 

'NDRANGHETA: SEQUESTRATI BENI PER 2 MLN IN PIEMONTE

10:51 03 AGO 2011

(AGI) – Roma, 3 ago – Si svolgevano riunioni per l'affiliazione di nuovi consociati all'interno di due bar della provincia di Torino, ai quali i finanzieri del Nucleo Polizia Tributaria hanno posto i sigilli nel prosieguo dell'operazione "Minotauro" che agli inizi di giugno ha visto l'Arma dei Carabinieri mettere a segno centinaia di arresti e le Fiamme Gialle sequestrare patrimoni per decine di milioni di euro, sotto il coordinamento della locale Procura della Repubblica. Oltre ai due bar, cinque immobili, otto conti corrente e una societa' di gestione di un'area di servizio sulla statale per Castellamonte (TO) costituiscono gli ulteriori beni sequestrati nei giorni scorsi alla 'ndrangheta piemontese, per un valore complessivo di 2 milioni di euro. Ora l'attivita' di contrasto alla 'ndrangheta da parte dei finanzieri prosegue con l'apertura di cassette di sicurezza, dalle quali sono gia' venuti alla luce gioielli e altri oggetti di valore. Ma la G.d.F. torinese ha fatto scattare importanti sequestri anche nei confronti di "cosa nostra", in particolare di un ex affiliato al clan "Santapaola" il quale, nel corso di una verifica fiscale condotta ai sensi della normativa antimafia, ha tentato invano di giustificare ai finanzieri le sue rilevanti movimentazioni finanziarie dichiarando di svolgere un'attivita' di commercio di auto, attestazione che non ha trovato alcun riscontro. Nel corso dell'attivita' ispettiva condotta dai finanzieri, inoltre, il soggetto e' stato denunziato alla Procura di Torino per non aver comunicato al Nucleo di Polizia Tributaria le variazioni patrimoniali superiori alla soglia dei 10 mila euro.
In particolare, nel 2006, aveva acquistato a Torino un terreno di 2 mila metri quadrati, sul quale aveva poi costruito una villa di tre fabbricati, omettendo di inviare la prevista comunicazione alle Fiamme Gialle. Dopo la denuncia a piede libero, il G.I.P. di Torino ha emesso un decreto di sequestro preventivo sugli immobili individuati, finalizzato alla successiva confisca, eseguito lo scorso 21 luglio, per un valore di circa 1 milione di euro.(AGI) Mal
http://www.agi.it/torino/notizie/201108031051-cro-rto1002-ndrangheta_sequestrati_beni_per_2_mln_in_piemonte


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